Nuovo crocifisso nella chiesa Angeli Custodi

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Tutto è nato da una riza, regalata alla parrocchia. Come dite? Che cos’è una riza?
Una riza (ри́за) è una copertura e il termine viene usato in due sensi nella religione cristiana ortodossa: è un mantello (detto anche felonio) indossato dal celebrante con il signfiicato di separazione dal peccato ed è, e questo è il caso in essere, una copertura che si mette sulle icone col duplice intento di protezione e venerazione.
La riza va intesa, sul piano dell'arte, come un'opera di tecnica artistica assai raffinata e preziosa. Sono presenti in essa le grandi tecniche orafe: lo sbalzo, il cesello, l'incisione, il completamento con smalti policromi, le filigrane, l'incastonatura di perle, pietre dure e preziose. La lamina, accuratamente lavorata in modo da riecheggiare i motivi simbolici e gli andamenti della pittura sottostante, è ripiegata lateralmente sullo spessore dei bordi della tavola dipinta e a questa fissata mediante chiodatura. È probabile che la riza derivi dalle immagini sacre realizzate in lamine metalliche interamente eseguite a sbalzo, vale a dire senza parti scoperte, la cui area di diffusione, con centro Bisanzio, raggiungeva attorno ai secoli X e XI la lontana Georgia.
Trovata la riza, è venuta l’idea di applicarla ad un crocifisso che fosse la copia conforme di quello a cui era applicata in origine (la riza, in ottone e argento, è dell’Ottocento, e proviene da Mosca). L’opera, monumentale (m 2.50 x 1.80), è stata realizzata da Adriano Geroli, scrittore di icone e parrocchiano degli Angeli Custodi.
In dettaglio, come spiegato dal parroco don Guido Nava e dallo stesso Geroli, “il Crocefisso è stato realizzato in legno di tiglio, perché questo legno non ha nodi e non rilascia resina. Sul legno viene stesa una colla di coniglio, in seguito si adagia un telo di lino su cui per 7/8 volte viene applicata una mistura di gesso di Meudon, gesso di Bologna e colla di coniglio; si lascia poi asciugare e si leviga la superficie per renderla completamente liscia.
I disegni, in parte ricalcati con carta grafite e in parte fatti a mano, vengono ripassati con una emulsione di pigmento nero o rosso, ottenuta da rosso d’uovo, gocce di lavanda, olio di papavero e vino bianco, che verrà poi utilizzata per tutti i colori.
Si incidono i contorni delle figure, dove si posizionano 3/4 strati di foglia d’oro zecchino, unita a una base di bolo armeno (un’argilla che contiene ossido di ferro) e albume d’uovo: questo è l’unico modo che permette di lucidare e bulinare con pietra d’agata l’icona.”
A questo punto inizia la colorazione, eseguita usando pigmenti naturali (terre) e minerali (glauconite e lapislazzulo), secondo la tecnica bizantina che utilizza pennelli di martora e di vaio (varietà russa e siberiana di scoiattolo, dalla pelliccia morbida e pregiata di colore grigio scuro).
Passiamo ora all’esame dell’opera e al suo significato, sempre grazie a don Guido: “Nella barra superiore si può ammirare in tutta la sua magnificenza Dio Sabaoth, il Dio degli eserciti ovvero Dio Padre tra le nuvole con la caratteristica aureola composta da due rombi, la mano destra benedicente alla greca, mentre nella mano sinistra regge il globo del mondo.
Sotto Dio Padre risplende il medaglione con lo Spirito Santo, in forma di colomba bianca, e ai lati i due angeli piangenti che tengono tra le mani il mandillion, panno/fazzoletto bianco che richiama il telo sindonico e la tradizione orientale della veronica (il vero volto di Cristo).
Sopra gli angeli piangenti troviamo il sole e la luna ovvero il cosmo che partecipò alla morte del Cristo come dice il profeta Gioele; il volto del Cristo ha un’espressione serena, quasi stesse dormendo, vittorioso sulla morte. Sopra il suo capo la scritta in greco INUH che sta per il latino INRI, Gesù Nazareno re dei Giudei.
Nell’aureola si vedono due delle tre lettere greche del Nome di Dio “Io sono Colui che è”, mentre a fianco delle mani sono ben visibili le lettere greche IC e XC ovvero le iniziali del nome greco Gesù Cristo.
Sotto le braccia del Cristo la scritta in russo: “Ci prosterniamo davanti alla tua Croce o sovrano e glorifichiamo la tua Santa Risurrezione”.
Sotto i piedi del Cristo, disgiunti alla maniera bizantina, troviamo una barra obliqua: è il suppedaneo (piedistallo) o bilancia, che caratterizza le croci ortodosse.”.
Approfittiamo allora di questi mesi per vedere l'opera di Geroli nella sua totalità: a fine ottobre infatti verrà applicata all'Icona del Crocefisso la riza in ottone e argento.